| 2018 |
Tutto quello che facciamo è destinato a essere effimero, veloce, irripetibile: cambiano i nostri pensieri, il nostro aspetto e anche ogni singola cellula del nostro corpo non rimane la stessa, ma nasce e muore senza averne consapevolezza. Davvero in vita "non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume", ma per la maggior parte del tempo che abbiamo a disposizione non ci pensiamo nemmeno.
Per fortuna!
Arrivano però per tutti momenti particolari o dolorosi in cui facciamo i conti con la nostra essenza, magari di fronte a un lutto o a una malattia, oppure più semplicemente di fronte alla fine di qualcosa.
A volte metterci alla prova col concetto di "definitivo" ci sembra un modo utile per affrontare e superare queste situazioni: proviamo a combattere il senso di impotenza cercando di trovare dei punti fissi, un centro di gravità permanente. Esiste un modo per resistere all'oblio? Davvero non resterà nulla di noi e delle nostre esperienze terrene? Si possono fare cose durature?
La consapevolezza della nostra leggerezza dell'essere dovrebbe essere consolatoria, ma la coscienza che nulla ci farà stare male a lungo e tutto passerà prima o poi non ci convince mai completamente e non ci evita la sofferenza, a meno di non essere davvero molto allenati con le nostre emozioni.
E così ci ritroviamo a provare di imporre la nostra capacità di incidere sullo scorrere della vita nei modi più diversi e inefficaci: c'è chi fa sport estremi, simulando un quasi suicidio (cosa c'è di più fermo e perenne della morte?) con salti da ponti e aerei; chi si sperimenta in cose che fino a quel momento l'avevano terrorizzato; chi si fa un tatuaggio, segno indelebile per la vita che ci porteremo addosso anche da cadaveri, come il povero uomo di Similaun, Oetzi, tatuato e famoso ben oltre la sua mortale carriera di arciere.
L'illusione di poter possedere per un attimo la sensazione di aver bloccato il tempo ci fa segnare un punto a nostro favore: la vita è da sempre rappresentata come una partita, magari a scacchi come nei vecchi film d'autore, quindi sappiamo benissimo che in questo tipo di metafore ci sono la dimensione eroica, la competizione, ma anche l'incertezza e la compiutezza della sfida.
Abbiamo un tempo limitato e ignoto e probabilmente non lasceremo nessun segno, ma è giusto continuare a fare gesti dimostrativi, scegliere scelte importanti, provare percorsi belli e difficili, perché solo la certezza di essere insignificanti riesce a regalarci la grandezza classica dell'eroe tragico, con la sua grandissima sopportazione alle avversità, e a renderci un po' più indimenticabili.
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