giovedì 24 agosto 2017

Da grande

Finalmente ho deciso cosa voglio fare da grande: voglio essere una donna tedesca.

Non so se avete mai conosciuto o visto delle donne tedesche da vicino, in azione nella quotidianità della vita reale; a me è capitato spesso di osservarle in vacanza in Liguria da anni, al mare, ma anche di avere delle relazioni professionali e sindacali con donne tedesche più o meno giovani e ho sempre trovato lo scambio sincero e interessante, assolutamente bello!

Le donne tedesche sembrano sempre rilassate, sicure di sé, quasi non curanti del mondo intorno, mai ansiose o di corsa, sempre sorridenti, amichevoli. Una delle cose che mi piace di più è l'atteggiamento che hanno con i bambini e anche i risultati educativi che ottengono, vale a dire i comportamenti e l'umore esteriore dei bambini stessi: non ho mai assistito a scenate e capricci, mai troppi fronzoli, moine, pose da chioccia.
Le mamme (anche nonne, zie, etc) tedesche lavorano per l'autonomia dei loro figli e contemporaneamente per la loro: nessun ricatto morale, nessuna convinzione utile a rafforzare il ruolo degli adulti piuttosto che la personalità dei bambini.
Invece anche solo nella porzione limitata di esperienza che si può testare nelle spiagge italiane è tutto una cantilena di (citazioni random): "Non posso lasciarla un attimo se no piange; da quando ho i bambini niente mare al pomeriggio presto e nemmeno la mattina tardi, però al mattino presto se li sveglio è la fine e la sera cenare tardi non va bene; non faccio un bagno da sola da quando sono mamma, come sono stanca a venire al mare con loro, invece prima sì che mi divertivo"...
Album di famiglia

Madri e figli italiani non fanno una grandissima figura quando si sentono discorsi così: le prime sembrano spogliate di ogni complessità o possibilità di ruoli alternativi, appiattite come sono nell'unica dimensione genitoriale esclusiva e possibilmente in competizione col ruolo paterno, che non deve nemmeno provare a mettere in discussione la centralità del rapporto madre- figlio nei primi mesi (per carità, se il pargoletto si trovasse bene con qualcun altro, addio orgoglio di mammà!); i secondi vivono di false certezze che perderanno dopo pochi anni a caro prezzo.

Ogni tanto penso che forse avrei avuto maggiore desiderio di maternità, se fossi cresciuta con una cultura diversa da quella mediterranea cattolica, dove per le madri troneggiano come vessilli solo sacrificio e rinuncia. E disoccupazione, visti gli ultimi dati del nostro bel paese sull'occupazione femminile: siamo al 48,8% al 30 giugno 2017, in miglioramento addirittura del 12% rispetto allo scorso anno (peggio di noi solo Spagna e Grecia in Europa). In Germania lo stesso dato è al 71%...

Non dico che è tutta colpa di noi donne italiane, ci mancherebbe, né soltanto del retroterra culturale atavico e nemmeno solo degli uomini e delle loro relazioni deteriori con le donne (così deteriori da dover tenere dei nuovi contatori in quanto a femminicidi, con 120 donne morte uccise nel 2016 e 774 dal 2012 a oggi), ci sono anche le responsabilità delle imprese e dei datori di lavoro, che da sempre hanno discriminato le lavoratrici sin dal colloquio di assunzione con le solite domande inopportune sulla progettualità familiare o meno.

Certo, sono discorsi complessi; certo, non bastano piccole provocazioni su piccoli blog presuntuosi, ma riusciremo mai a parlare liberamente dei desideri delle donne? Non delle scelte, sto parlando di desideri. E in quale sede ne parleremo?
Va bene conoscere la realtà, ma ci serve di più: ci serve progettare un mondo nuovo di diritti nuovi e di desideri realizzati per le donne.
E ci serve ora, qui, con la contrattazione e con lo stato sociale, con le scuole a tempo pieno, gli asili nido e le mense scolastiche accessibili, per esempio. Con la flessibilità utile, non subita, una maggiore facilità nel passaggio da full time a part time e viceversa e i permessi dal lavoro.
Ci serve anche che un uomo possa desiderare la paternità senza contrazioni dovute al ruolo lavorativo o sociale.
Ci serve una scuola laica che possa aiutare le nuove generazioni a liberarsi da decenni di discriminazioni e sopraffazioni ai danni delle donne, anche da parte delle Leggi dello Stato.

Nessuno stupore, altrimenti, se ormai a pochi interessa avere figli e famiglia: per chi? Per la patria? Per la razza italiana, come ha recentemente affermato una personalità di nessuna grandezza della politica italiana?

Siamo ancora la civiltà della vergogna: di non volere figli, di voler essere padri presenti, di voler lavorare e non stare a casa a pulire e cucinare, e molto altro ancora...
Un'espressione nata per indicare un codice sociale di una civiltà antica e guerriera, letteraria forse, che vedeva uomini emarginati senza onore e donne impiccate per il disonore, mi sembra ancora adatta a descrivere l'arretramento della nostra società italiana rispetto ad alcuni temi fondamentali come diritti civili, emancipazione femminile, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e alcune rivendicazioni tipiche dei grandi movimenti femministi che ancora ci vengono negate, come l'accesso reale al diritto di aborto nei nostri ospedali.

Ecco perché da grande voglio essere una donna tedesca. In Italia.



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