domenica 23 luglio 2017

Recording

Ho sempre odiato i registratori, da bimba riascoltare la mia voce non mi piaceva per nulla, non mi riconoscevo. Pensavo di cantare bene ed essere brava-  bravissima!- invece il riascolto mi smentiva... Volevo essere Cristina D'avena, poi Katia Ricciarelli, ma l'idea della riproduzione mi inquietava: quei nastri molesti di sicuro deturpavano la realtà, del resto non facevano che ingarbugliarsi, doveva essere un problema loro, non mio!

Il mio rapporto di diffidenza verso le registrazioni è andato avanti anche dopo.

Album di famiglia
All'università odiavo chi registrava le lezioni, avrei voluto essere il professore di turno per negare il permesso alla riproduzione: chi non sa godere dell'improvvisazione e dell'unicità della performance non merita di ascoltare, soprattutto in una facoltà umanistica. Vedere le pièces di teatro alla televisione non è una delle cose più tristi che esistano? Ero estremista, lo so, i giovani lo sono sempre, come sono intolleranti e netti.
A mia discolpa in questo caso si può considerare la noia per gli sbobbinamenti dai nastri, per cui mi veniva chiesto aiuto quando si studiava in compagnia. Questo fu uno dei principali motivi che mi hanno portato molto presto a studiare da sola, spessissimo in biblioteca, negli istituti e dipartimenti universitari, quasi mai a casa in isolamento, ma mai in gruppo, che era sinonimo di "Chi mi aiuta a sbobbinare le registrazioni?" e "Ripetiamo insieme?"
Sapete cosa intendo, no? Quel presunto metodo di studio per cui dopo aver letto la lezione (il libro, i libri, etc) si chiede a un povero malcapitato di stare ad ascoltar ripetere la solfa. Le sessioni di ripetizioni sono sempre state per me una tortura, una perdita di tempo immane: non ho mai ripetuto per studiare, nemmeno alle elementari.

Sono sempre stata una fan dell'apax: tutto scorre, "mai ti potrai bagnare le mani nella stessa acqua". Ecco, questa è la bellezza della vita. E della parola.

Ancora oggi non amo chi ha l'ansia di provare le proprie ragioni attraverso le registrazioni: nel lavoro soprattutto, ma anche ai convegni, durante le riunioni o i corsi di formazione. Sono odiose soprattutto le registrazioni di nascosto; sono sporche, disoneste: tolgono la bellezza dell'effimero, della vita umana che scorre senza senso e che nessuno può fermare.

Badate, sono un'archeologa, credo nell'idea del patrimonio culturale trasmesso attraverso le tracce degli uomini, i loro oggetti, il quotidiano, mentre amo meno la storiografia ufficiale, sempre fatta dai cronachisti del potere: ecco perché avevo dedicato un'intera tesi di laurea alle iscrizioni funerarie, ultimo messaggio di auto-rappresentazione ai posteri, personale e quasi sempre autentico, al di là degli stereotipi che ci sono sempre stati.

Chi registra non ama l'uomo, ma la cronaca. E la cronaca non è altro che uno sforzo inutile di incomprensione: non riusciremo mai a registrare tutto, a ricordare tutto, a catalogare tutto.

Il tempo dell'Enciclopedia è finito secoli fa: spegnete i registratori, aprite le orecchie e gli occhi al mondo e all'umano.

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