mercoledì 26 luglio 2017

Delitto e castigo

Cipro, 2012
Non ho mai amato la cronaca nera.

Non credo nel valore tragico- pedagogico della descrizione del delitto e nemmeno nella catarsi collettiva che dovrebbe scaturirne. Non vedo risvegliarsi compassione e pietà, solo curiosità morbosa e un effetto "incubatore d'odio" generalizzato.
Ogni tanto provo a cambiare idea e mi sottopongo a una pratica autolesionista: leggo i commenti dei lettori agli articoli sui siti web o i profili social dei quotidiani più diffusi. La notizia oggetto dei commenti di solito non fa molta differenza rispetto alle reazioni più comuni, perché purtroppo il tenore è piuttosto monotono e spazia dall'odio più becero agli insulti, fino agli augurii di morte, che deve avvenire in vari modi, ma molto meglio se inflitta dallo Stato: insomma, si invoca la pena di morte.

La pena capitale sembra la risposta giusta ai delitti di ogni genere e il mondo delle news 2.0 lascia ampia libertà di espressione a questi auspici. Troppa? Non so…

Di sicuro quei commenti confermano il mio disinteresse per la cronaca nera. E per il gossip: invece di liberare i costumi e i giudizi del grande pubblico dal moralismo, i pettegolezzi hanno l'effetto opposto e rafforzano pregiudizi e sessismo.

Ma torniamo alla cronaca nera, in questi giorni, per esempio, le frontiere dell'informazione sul web stanno proponendo il video di un incidente mortale tra una motocicletta e un furgone, un tristissimo episodio accaduto recentemente qui vicino a me: nessun commento di empatia o commozione per una vita interrotta in quelle immagini. Odio e insulti all'assassino.

Forse nell'antichità si conosceva l'animo umano con molta meno ipocrisia di oggi, ecco perché si offriva alla folla lo spettacolo della morte live. Il popolo Romano ha fatto di questo passatempo estremo un programma di governo: dai giochi gladiatori fino agli spettacoli teatrali più esclusivi, su committenza di esuberanti aristocratici annoiati, durante i quali le scene di esecuzione erano vere, non recitate: si crocifiggeva uno schiavo sul palco. E via! Pubblico adorante.

Lo stesso senso di completa mancanza di speranza verso la capacità degli esseri umani di essere vicini al dolore, più che all'odio gratuito, me lo provoca una rubrica che i Torinesi conoscono bene, Specchio dei Tempi, la classica "parola ai lettori" della pagina locale del maggior quotidiano cittadino. Ecco, le segnalazioni dei Torinesi sono tutte votate all'indignazione spicciola che passa attraverso strade chiuse per lavori e tram in ritardo, campi rom e lamentele per il rumore provocato dai clienti dei locali nei quartieri della movida.

Continuo a sostenere che il moralismo sotteso a questo sistema di "valori" provochi solo nemici, paura e gravi danni per tutti. A Torino lo abbiamo provato questa estate 2017.

Che peccato: eppure di cronaca nera- e giudiziaria- ci sono ottimi esempi di giornalismo militante e impegnato e di trasmissioni televisive culto come Chi l'ha visto?, Un giorno in pretura e Storie maledette.

Cosa è andato storto? Il valore didascalico del delitto è dissolto oppure non è mai esistito?


Nel dubbio evito di approfondire.

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