La madre di mio padre è stata una donna molto dura, risoluta, o almeno così la ricordo nei miei dieci anni di vita prima della sua scomparsa: altera, capelli lunghi e occhi grigi, piuttosto alta di statura. Di lei ricordo poco altro: i modi di dire, i nomi che storpiava, i racconti di mia madre e le loro discussioni tipiche da suocera a nuora.
Ha avuto la giovinezza grave di tutte le persone che hanno vissuto due guerre; ha lavorato duramente, ancor di più perché vedova per due volte e con otto figli di tutte le età, dai diciannove ai due anni.
Nel 1948 aveva 36 anni, come me oggi, ed aveva già vissuto almeno due vite.
Fino alla fine degli anni Cinquanta ha mantenuto la sua famiglia lavorando in campagna: le donne sole come lei raccoglievano la tagliamani, un'erba resistente e spontanea che si utilizzava per impagliare le sedie. Oppure si prostituivano. O trovavano un altro marito.
Mia nonna alla fine ha preso la via dell'emigrazione al nord insieme ai suoi tre figli cresciuti nei cantieri come muratori, braccia utili ai tempi del boom edilizio della costa ligure negli anni Sessanta, e alle due figlie da maritare.
Dalla sua esperienza aveva maturato alcune convinzioni, come l'idea che le figlie fossero da tutelare sempre e da privilegiare ai maschi: per loro regalie e preoccupazioni continue che dovevano essere condivise da tutta la famiglia, nuore comprese! I figli maschi potevano facilmente trovare un lavoro di fatica, come è ovvio per la povera gente, invece per le donne si poteva sperare solo in un buon matrimonio: un ferroviere, l'impiegato postale, cose così...
Un altro capo saldo del nonna Maria- pensiero si riassumeva in un'esclamazione che ripeteva spesso: vale per quando non l'avevo. Era la logica della rivalsa: finalmente anche una donna come lei poteva sprecare: buttare, spendere, comprare!
Per questo da bambina non capivo la parsimonia di casa mia: perché non potevamo anche noi utilizzare lo stesso motto?
Mia nonna era rispettata e temuta dai suoi figli ormai adulti, un modello indiscutibile di Madre. Una madre che aveva avuto il suo primo figlio, Rocco, a sedici anni e prima del matrimonio, intervenuto a riparare i danni solo qualche mese dopo...
Ecco un'altra cosa che non capivo: perché allora Michele ha patito così tanto la mia adolescenza e ha sempre odiato i miei fidanzati?
Forse temeva in un'altra immacolata concezione dopo quella di mia nonna Maria?
| Delfi, 2016 |
Nel 1948 aveva 36 anni, come me oggi, ed aveva già vissuto almeno due vite.
Fino alla fine degli anni Cinquanta ha mantenuto la sua famiglia lavorando in campagna: le donne sole come lei raccoglievano la tagliamani, un'erba resistente e spontanea che si utilizzava per impagliare le sedie. Oppure si prostituivano. O trovavano un altro marito.
Mia nonna alla fine ha preso la via dell'emigrazione al nord insieme ai suoi tre figli cresciuti nei cantieri come muratori, braccia utili ai tempi del boom edilizio della costa ligure negli anni Sessanta, e alle due figlie da maritare.
Dalla sua esperienza aveva maturato alcune convinzioni, come l'idea che le figlie fossero da tutelare sempre e da privilegiare ai maschi: per loro regalie e preoccupazioni continue che dovevano essere condivise da tutta la famiglia, nuore comprese! I figli maschi potevano facilmente trovare un lavoro di fatica, come è ovvio per la povera gente, invece per le donne si poteva sperare solo in un buon matrimonio: un ferroviere, l'impiegato postale, cose così...
Un altro capo saldo del nonna Maria- pensiero si riassumeva in un'esclamazione che ripeteva spesso: vale per quando non l'avevo. Era la logica della rivalsa: finalmente anche una donna come lei poteva sprecare: buttare, spendere, comprare!
Per questo da bambina non capivo la parsimonia di casa mia: perché non potevamo anche noi utilizzare lo stesso motto?
Mia nonna era rispettata e temuta dai suoi figli ormai adulti, un modello indiscutibile di Madre. Una madre che aveva avuto il suo primo figlio, Rocco, a sedici anni e prima del matrimonio, intervenuto a riparare i danni solo qualche mese dopo...
Ecco un'altra cosa che non capivo: perché allora Michele ha patito così tanto la mia adolescenza e ha sempre odiato i miei fidanzati?
Forse temeva in un'altra immacolata concezione dopo quella di mia nonna Maria?
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