domenica 8 novembre 2015

Dharma

Mia zia Carmela è la sorella di Elena.
Ha provato anche lei a lavorare nella fabbrica tessile del conte, ma non le piaceva proprio: aria malsana, grigiore. Tanto valeva restare a casa a dare una mano a mamma Assunta: tutto il giorno a occuparsi di casa, delle pulizie, del bucato e dei sette uomini di casa.

La sua grande passione è sempre stata il canto: coi risparmi era solita comprare basi musicali e testi delle canzoni di Mina- il suo idolo, l'unica cantante degna di questo nome- per poi esercitarsi cantando a squarciagola in camera, tra le urla di protesta di tutti!


Che risate allora!

Il giorno in cui Elena prese la via del Nord e del matrimonio, però, Carmela non ebbe più dubbi: cambiare vita subito, da sola non sarebbe rimasta a casa dei genitori. Dopo solo un mese dal matrimonio di mia madre, Carmela era iscritta alla scuola infermieri dell'ospedale Molinette di Torino e alloggiava presso un pensionato di suore.

Carmela si è fermata a Torino: ha lavorato fino alla pensione come infermiera nei principali ospedali cittadini, ha comprato casa, ma, ora che anche i suoi gatti sono morti, è rimasta sola.
Il suo compagno, uno studente di architettura di origine mediorientale più giovane di lei di otto anni, se n'è andato tanti anni fa per sposare una ragazza giovanissima del suo paese. Ai familiari Carmela lo aveva sempre "spacciato" come "il coinquilino": troppo terrorizzata dalle reazioni di padre e fratello maggiore, immobilizzata dal senso di colpa di quel rapporto clandestino e bloccata dal moralismo della casa di origine.

Chissà se avesse rischiato, cosa sarebbe successo?

Forse avrebbe avuto la famiglia dei suoi sogni, oppure sarebbe andata comunque così?
Queste e tante altre domande girano ossessivamente nei pensieri di mia zia: lo so, vedo i suoi fantasmi anche senza parole.

Dai miei parenti stretti Carmela viene ormai da anni giudicata eccentrica e allampanata, zitella acida e un po' matta. Forse hanno ragione, forse no.
Resta il fatto che il suo caffè è il più buono del mondo, le sue risate ancora fragorose, il cruciverba e le canzoni le sue passioni permanenti.
Mio fratello per prendermi in giro mi chiama spesso "zia di Torino": pensa di provocarmi o addirittura di offendermi. Povera zia, come potrei offendermi?

Nella sua storia il risultato del moralismo inutile del maschio meridionale, il peso del senso di colpa e della delusione.

Sono la zia di Torino, sì!

2 commenti:

Elena ha detto...

È pieno di zie a Torino... ;)

Isabella Liguori ha detto...

Viva le zie!