Una delle lezioni di letteratura greca delle scuole superiori che non scorderò mai riguarda la poetica callimachea e la sua fortuna tra i poetae novi molto tempo dopo.
L'ideale in parola scritta di sintesi, brevità, allusione ha sempre esercitato un fascino immenso su decine di poeti e scrittori ben più esimi di me in secoli di letteratura.
Anche nella prosa ero rapita dai modelli della letteratura ellenistica e poi romana della fine della Repubblica: asianesimo e atticismo erano un'antitesi per me molto più appassionante di molte altre dispute classiche.
Ovviamente non ho mai avuto dubbi sul lato della tifoseria da cui stare: sono una fanatica dell'incisività in poche parole- non lo slogan a tutti i costi, sia chiaro, non mi interessa la comunicazione pubblicitaria- ma la chiarezza e lo stile lapidario... che meraviglia! È così forse che sono finita a fare una tesi di epigrafia.
Parole come pietre.
Cercare la brevitas, guadagnarla a fatica con esercizio e labor limae. Niente ripetizioni e intercalari come riempitivi.
Meglio le pause, gli enjembements: di sicuro più pregnanti di certi stili pieni, didattici e didascalici.
Se fossi capace farei poesia: via tutto il superfluo! Parola e suono vivo, null'altro.
Lo studio serio dell'antichità fa male: spazzati via i luoghi comuni settecenteschi (mondo classico come un monolite di candore e sobrietà, razionalità e misura, culla della democrazia occidentale moderna) si apre lo sguardo sulla complessità e l'estrema attualità del passato.
Quanto siamo stati uguali a noi stessi nelle epoche antiche: nel bene e nel male.
L'ideale in parola scritta di sintesi, brevità, allusione ha sempre esercitato un fascino immenso su decine di poeti e scrittori ben più esimi di me in secoli di letteratura.
Anche nella prosa ero rapita dai modelli della letteratura ellenistica e poi romana della fine della Repubblica: asianesimo e atticismo erano un'antitesi per me molto più appassionante di molte altre dispute classiche.
| Argo, 2015 |
Ovviamente non ho mai avuto dubbi sul lato della tifoseria da cui stare: sono una fanatica dell'incisività in poche parole- non lo slogan a tutti i costi, sia chiaro, non mi interessa la comunicazione pubblicitaria- ma la chiarezza e lo stile lapidario... che meraviglia! È così forse che sono finita a fare una tesi di epigrafia.
Parole come pietre.
Cercare la brevitas, guadagnarla a fatica con esercizio e labor limae. Niente ripetizioni e intercalari come riempitivi.
Meglio le pause, gli enjembements: di sicuro più pregnanti di certi stili pieni, didattici e didascalici.
Se fossi capace farei poesia: via tutto il superfluo! Parola e suono vivo, null'altro.
Lo studio serio dell'antichità fa male: spazzati via i luoghi comuni settecenteschi (mondo classico come un monolite di candore e sobrietà, razionalità e misura, culla della democrazia occidentale moderna) si apre lo sguardo sulla complessità e l'estrema attualità del passato.
Quanto siamo stati uguali a noi stessi nelle epoche antiche: nel bene e nel male.
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