Non lontano da casa mia, dalle parti di Piazza Statuto a Torino, c'è via Ettore Perrone.
Una via come un'altra vicino al centro città e a Porta Susa, intitolata come le altre nei dintorni a una gloria torinese dei tempi di Pietro Micca o giù di lì. Almeno credo.
Di via Perrone, oltre al Folk Club (un locale dei tempi mitici del boom della musica dal vivo in città, ormai qualche anno fa), non ci sarebbe molto da notare oggi, se non fosse a due passi dal mercato di corso Palestro e da via Garibaldi.
Invece questa strada torinese ha visto dell'altro.
Correva l'anno 1977, annus horribilis per la nostra storia recente con il record di vittime del terrorismo: mio fratello aveva tre anni, io dovevo ancora essere concepita nei pensieri di Elena e Michele, chissà.
Di sicuro nessuno di noi si trovava a Torino, tranne zia Carmela, l'infermiera matta, la single…
A Torino era in corso un processo importante, cui i media di allora e di oggi hanno pedissequamente attribuito l'aggettivo di storico, così come al gruppo di imputati: il nucleo storico delle BR era stato arrestato a Pinerolo qualche anno prima e sarebbe stato processato a Torino tra mille intoppi e delitti.
In prima battuta non si trovavano i membri della giuria popolare, estratti a sorte da una lista di volontari depositata in tribunale: tutti malati. O indisponibili.
Di sicuro avevano fatto effetto le vittime del 1976, come il magistrato Francesco Coco a Genova, gli agguati al carcere le Nuove, le minacce dei proclami dei brigatisti a processo.
Dal primo momento gli imputati avevano rinunciato a nominare un legale di parte e poi anche alla difesa d'ufficio, se si fosse trovato un avvocato disposto ad assumere l'incarico non richiesto!
Il processo si era impantanato: mai prima la procedura penale aveva incontrato simili ostacoli.
Nel 1977, dopo mesi di palude istituzionale, il tribunale di Torino aveva stabilito che il difensore d'ufficio doveva essere il presidente dell'Ordine degli Avvocati della città, Fulvio Croce.
Lo studio di Fulvio Croce era in via Ettore Perrone: l'ultimo posto che l'avvocato Croce ha visto in vita.
I luoghi conservano il dolore degli uomini?
Alla fine dello stesso anno, anche un altro torinese morirà assassinato sull'asfalto di Torino: Carlo Casalegno, direttore del maggiore quotidiano della città.
Quella Stampa oggi diretta da Mario Calabresi.
Pinelli, Calabresi, Feltrinelli, Croce, Casalegno.
Tante storie figlie di una Storia: siamo tutti nel giro.
Una via come un'altra vicino al centro città e a Porta Susa, intitolata come le altre nei dintorni a una gloria torinese dei tempi di Pietro Micca o giù di lì. Almeno credo.
Di via Perrone, oltre al Folk Club (un locale dei tempi mitici del boom della musica dal vivo in città, ormai qualche anno fa), non ci sarebbe molto da notare oggi, se non fosse a due passi dal mercato di corso Palestro e da via Garibaldi.
Invece questa strada torinese ha visto dell'altro.
Correva l'anno 1977, annus horribilis per la nostra storia recente con il record di vittime del terrorismo: mio fratello aveva tre anni, io dovevo ancora essere concepita nei pensieri di Elena e Michele, chissà.
Di sicuro nessuno di noi si trovava a Torino, tranne zia Carmela, l'infermiera matta, la single…
A Torino era in corso un processo importante, cui i media di allora e di oggi hanno pedissequamente attribuito l'aggettivo di storico, così come al gruppo di imputati: il nucleo storico delle BR era stato arrestato a Pinerolo qualche anno prima e sarebbe stato processato a Torino tra mille intoppi e delitti.
In prima battuta non si trovavano i membri della giuria popolare, estratti a sorte da una lista di volontari depositata in tribunale: tutti malati. O indisponibili.
Di sicuro avevano fatto effetto le vittime del 1976, come il magistrato Francesco Coco a Genova, gli agguati al carcere le Nuove, le minacce dei proclami dei brigatisti a processo.
Dal primo momento gli imputati avevano rinunciato a nominare un legale di parte e poi anche alla difesa d'ufficio, se si fosse trovato un avvocato disposto ad assumere l'incarico non richiesto!
Il processo si era impantanato: mai prima la procedura penale aveva incontrato simili ostacoli.
Nel 1977, dopo mesi di palude istituzionale, il tribunale di Torino aveva stabilito che il difensore d'ufficio doveva essere il presidente dell'Ordine degli Avvocati della città, Fulvio Croce.
Lo studio di Fulvio Croce era in via Ettore Perrone: l'ultimo posto che l'avvocato Croce ha visto in vita.
I luoghi conservano il dolore degli uomini?
Alla fine dello stesso anno, anche un altro torinese morirà assassinato sull'asfalto di Torino: Carlo Casalegno, direttore del maggiore quotidiano della città.
Quella Stampa oggi diretta da Mario Calabresi.
Pinelli, Calabresi, Feltrinelli, Croce, Casalegno.
Tante storie figlie di una Storia: siamo tutti nel giro.
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