giovedì 10 maggio 2018

Essere e tempo

Sono un'archeologa, l'ho già scritto altre volte e vado molto fiera del mio percorso di ricerca: l'archeologia secondo me è sintesi perfetta di lavoro manuale ed erudizione, contatto diretto con l'oggetto della ricerca e astrazione nella ricostruzione storica, ma anche coesistenza tra cultura materiale e spinta creativa nell'interpretazione dei dati.

Albintimilium, 2017
Nonostante questa necessaria premessa, sin da piccola ho sempre avuto una certa difficoltà a concepire i concetti di tempo e passato: insomma, ho sempre avuto dei dubbi sulla realtà dei miei ricordi, così come non sono ancora sicura che il passato esista in generale. Non è una tesi troppo originale, sono molte le discipline filosofiche che hanno considerato la realtà stessa un'illusione irreale, figuriamoci il passato, ma per chi ama la storia sembrerebbe un paradosso.

A essere sinceri fino in fondo, forse ho iniziato ad appassionarmi alla storia antica per rassicurare i miei dubbi ontologici, ma nemmeno l'archeologia che ho praticato fino a pochi anni fa mi ha convinto sul mio passato: continuo a coltivare l'idea di vivere in un eterno presente e la convinzione che il passato non esista per nessuno. Non potrei mai giurare troppo sui miei ricordi!
L'inconsistenza del tempo aiuta queste mie elucubrazioni: il tempo è il vero mistero della nostra esistenza, quella dimensione inafferrabile che rende la nostra vita completamente incomprensibile nel suo percorso dalla nascita di ognuno in poi.
Nessuno ha piena coscienza del tempo, anche se tutti ne parliamo continuamente e ci riferiamo in continuazione ai tempi (quelli passati, i tempi di produzione, i bei tempi, etc etc), ma forse questa inconsapevolezza è la nostra unica ancora di salvezza, soprattutto quando siamo costretti a tornare sui nostri passi dopo anni, oppure quando ci troviamo a visitare luoghi e persone della nostra memoria- radici- ma anche se le esperienze della vita ci riportano da dove siamo partiti...
Se avessimo piena consapevolezza tutto sarebbe molto più doloroso: del tempo che passa ci resta un generico senso di stanchezza e di straniamento, ma lo stesso tempo, poi, ci aiuta a ignorare queste sensazioni negative, regalandoci il lenitivo dell'abitudine. Sembra che bastino tre settimane per consolidarne una: a volte bisogna solo saper aspettare e tutto andrà meglio...

Credo di aver scelto di studiare archeologia e storia antica per questi motivi: la storia è ricerca (letteralmente, secondo Erodoto e la parola Ἱστορία), ma è anche missione sociale. Come il sindacato.

Non mi sembra che ci siano troppe differenze, tutto sommato.

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