domenica 6 settembre 2015

I cani di Ulisse

Atene, 2009
Nel centro di Atene, ma anche in tutte le altre città della Grecia che ho visitato finora, si vedono normalmente molti cani e gatti per le strade, nelle aree archeologiche, sui marciapiedi, nei parchi e giardini pubblici.

Randagi.

Abbandonati dai loro padroni o persi. Credo. Alcuni hanno anche il collare; tutti sembrano avere gli occhi tristi e rassegnati. O forse sono io a vederli così.

Non sembra che stiano male fisicamente; non sono quasi mai smunti, anzi, sembrano nutriti: ho visto spesso gli esercenti delle strade in cui "risiedono" prendersene cura; non mancano loro ciotole di acqua e cibo su marciapiedi e aiuole.
Ma non tornano a casa con quei commercianti alla chiusura del negozio.
Nelle aree archeologiche i cani sono più fortunati, diventano compagni dei custodi e del personale, guardiani anche loro: dormono all'ombra di pietre antiche e prestigiose e sono ammirati da turisti e visitatori.

Eppure sono randagi, soli.

La prima volta in Grecia, nell'isola di Hydra, ho comprato un sacco enorme di croccantini per la colonia felina del porto, con l'illusione di contribuire al mantenimento di quei gattini.
In ogni taverna almeno un micio viene a richiamare l'attenzione degli avventori ai tavoli.
La cosa consolante è che non ho mai visto scacciare un cane o un gatto da nessun umano: la tolleranza regna sovrana tra i proprietari dei locali, come tra i turisti.

Nella mia presunzione di gattara radical chic continuo a cambiare opinione sulla condizione degli animali da compagnia in Grecia, anche dopo parecchi viaggi: la società civile greca si disinteressa di loro, oppure viene risparmiato il canile per altri motivi?

Nella mia mente preferisco pensare che siano patrimonio di tutti: bene comune come Ulisse o l'Acropoli di Atene.

Basta crederci!

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