sabato 2 dicembre 2017

Archeology for dummies

Albintimilium, 2015
Quando mi chiedono cosa facessi prima del mio impegno attuale a tempo pieno nel sindacato, tendenzialmente tutti restano affascinati.

Lo dico ovunque nelle mie mie presentazioni: primo amore l'archeologia e davvero è come il primo amore… Ricordi teneri e struggenti, ma inesorabilmente lontani e irripetibili come tutte le esperienze concluse. E perfette.
Ho maturato quel primo amore sotto casa, letteralmente, perché il caso ha voluto che nascessi nella zona romana della mia piccola città d'origine (l'ospedale stesso in piena area archeologica, tra le terme e le residenze insulari) e che la seconda casa dove ricordo di aver abitato affacciasse direttamente sugli scavi archeologici, con il teatro romano proprio di fronte alla finestra della cucina. Troppa familiarità per non avere voglia di toccare con mano. E poi il liceo classico cittadino e la toponomastica locale furono un continuo stimolo, così come lo stemma comunale col suo motto latino, Civitas ad arma iit, frutto del partigianesimo cesariano durante la guerra civile (questo ora come ora non lo apprezzerei) e gli illustri cittadini come Agricola e la moglie del grande storico Tacito (quello della monografia sulla Germania, dove compare per la prima volta il volteriano mito del buon selvaggio contro gli invasori romani sintetizzato meravigliosamente nella sentenza ubi solitudinem faciunt pacem appellant).


Ecco perché la mia prima campagna archeologica è stata un'emozione unica, nonostante i responsabili di scavo mi avessero fatto maneggiare per settimane più che altro pala e picco
Mi sarei rifatta più avanti, con l'esperienza e la pazienza- il mondo archeologico universitario e non è piuttosto gerarchizzato e nonnista, baronale e geloso della professionalità, insomma odioso!- e ancora oggi ho una mancanza genuina soltanto del rapporto privilegiato che l'archeologo ha con l'antico e con l'eredità materiale della storia: il contatto fisico, il privilegio dell'essere il primo dopo secoli, il messaggio di saper fare e saper essere nascosto negli oggetti.
La cultura materiale, come la chiamava con una specie di ossimoro il grandissimo Tiziano Mannoni.

Sono queste le cose che racconto a chi mi chiede con curiosità come fosse la mia vita da archeologa, anche se spesso i miei ricordi non sono all'altezza delle aspettative degli interlocutori, perché i luoghi comuni sull'archeologia di solito sono esattamente il contrario di quanto racconto e convergono tutti su alcune immagini chiave: il pennellino, le sepolture, il lavoro delicato e di fino, la scoperta eccezionale e il valore della ricerca in base alla quantità di reperti...
Insomma, davvero l'opposto di come ho sempre consapevolmente inteso il mio lavoro di scavo: quotidianità e distruzione.
Lo sanno bene gli archeologi, ciò che conta non sono le scoperte eccezionali, gli unica, ma la vita quotidiana, la ricostruzione storica comune che non si ritrova nelle cronache ufficiali. L'archeologia non è mettere alla prova l'attendibilità dei testi antichi come si pensava a fine Ottocento: niente ricerca di Troia o del Santo Sepolcro vuoto...
E poi si sa: scavando, si sfogliano al contrario gli strati delle azioni che si sono susseguite in un sito in un certo periodo di tempo e mentre li riconosci, li stai anche distruggendo per sempre.
Avete letto bene. Il paradosso della conoscenza in archeologia è proprio questo: per conservare completamente non si dovrebbe scavare, ma per conoscere occorre distruggere e provare poi a documentare (il ricordo della distruzione) e conservare quanto si asporta (il reperto), sapendo che sarà per sempre decontestualizzato.

Il prezzo della sapienza.

Ci vuole amore, dedizione e coraggio per decidere di conoscere. Forse per decidere di vivere, che in fondo è la stessa cosa.

Avete presente il famosissimo affresco La Scuola di Atene di Raffaello? I due filosofi al centro della scena sono una sintesi efficacissima, ognuno con un solo gesto: ho sempre amato la mano di Aristotele col palmo in giù.

La terra. La risposta è nella terra.

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